20 aprile 2014

Le piccole memorie

Qualche domenica, al pomeriggio, le donne scendevano alla Baixa per guardare le vetrine. Generalmente andavano a piedi, qualche volta può darsi che prendessero il tram, la qual cosa era il peggio che mi potesse capitare a quell'età, perché non ci voleva molto che mi venisse la nausea con l'odore che c'era lì dentro, un'atmosfera surriscaldata, quasi fetida, che mi rivoltava lo stomaco e nel giro di pochi minuti mi faceva vomitare. Sotto questo aspetto sono sempre stato un bambino delicato. Con il passare del tempo questa intolleranza olfattiva (non so come altro potrei chiamarla) è andata diminuendo, ma è più che sicuro che, per anni, mi basta montare su un tram per sentire la testa che mi girava. Quale che fosse il motivo, compassione verso di me o voglia di sgranchirsi le gambe, quella domenica scendemmo a piedi da Rua Fernâo Lopes, mia madre, Conceiçao, credo pure Emília, e io, per l'Avenida Fontes Pereira de Melo, poi per l'Avenida de Liberdade, e infine salimmo allo Chiado, dov'erano in mostra i tesori più preziosi di Alí Babà. Delle vetrine non mi ricordo, ne del resto sono qui per parlarne, argomenti ben più seri mi occupano in questo momento.  Accanto a una delle porte dei magazzini Grandella c'era un uomo che vendeva palloncini e così, o per il fatto che lo avevo chiesto (della qual cosa dubito assai, perché solo chi si aspetta che gli sia dato si arrischia a chiedere) o perché mia madre aveva voluto, eccezionalmente, farmi una tenerezza pubblica, uno di quei palloncini passò in mano mia. Non mi ricordo se fosse verde o rosso, giallo o azzurro, o semplicemente bianco. Quello che successe dopo avrebbe cancellato per sempre dalla mia memoria il colore che mi sarebbe dovuto rimanere appiccicato agli occhi per sempre, dato che quello era nè più né meno il mio primo palloncino nei sei o sette anni di vita che avevo allora. Camminavano dunque nel Rossio, ormai di ritorno a casa, io pimpante come se portassi nell'aria, legato a una cordicella, il mondo intero, quando all'improvviso udii qualcuno ridere alle mie spalle. Guardai e vidi. Il palloncino si era sgonfiato, io lo stavo trascinando per terra senza accorgermene, era una cosa sudicia, corrugata, informe, e due uomini che camminavano dietro ridevano e indicavano con il dito me, proprio me, in quell'occasione l'essere più ridicolo della specie umana. Non piansi neppure. Lasciai andare la cordicella, mi aggrappai al braccio di mia madre come se fosse un'ancora di salvezza e continuai a camminare. Quella cosa sudicia, corrugata e informe era davvero il mondo.

José Saramago - le piccole memorie

13 aprile 2014

Hummus

L'hummus di ceci è una deliziosa crema tipica del Medio Oriente, viene servita come antipasto da gustare prima delle altre pietanze, ma in fondo è una crema e possiamo usarla davvero in svariati modi. Il limite del suo utilizzo è la nostra fantasia.
L'hummus in origine viene preparato con ceci e tahina, una particolare pasta di sesamo molto diffusa in Turchia e nel Vicino Oriente.
La particolarità dell'hummus di ceci è il suo sapore delicato per la presenza dei ceci e della tahina ma anche un po' asprigno poiché alla preparazione viene aggiunto del succo di limone che conferisce il giusto equilibrio di sapori a questa ricetta e lo sappiamo bene che l'equilibrio in cucina è la strada migliore.


INGREDIENTI:

Base
  • Ceci [300g di quelli secchi]
  • Aglio [1 o 2 spicchi senza l'anima]
  • Limone [succo di 2 limoni]
  • Semi di Sesamo [3 cucchiaini]
  • Cumino [3 cucchiaini]
  • Olio di Oliva [q.b.]
Guarnizione
  • Prezzemolo 
  • Peperoncino in polvere


PREPARAZIONE:
Mettiamo in ammollo i ceci per almeno 24 ore.
Trascorso il tempo riversiamo i ceci in un mixer/frullatore, aggiungiamo la farina di Sesamo e Cumino derivata dai rispettivi semi precedentemente pestati (o tritati), il succo dei limoni, frulliamo il tutto aggiungendo di volta in volta un pò d'olio (o in alternativa/aggiunta un pò d'acqua) fino a che non otteniamo un composto cremoso.
Serviamo l'Hummus in una ciotola, cospargiendone la superficie con del peperoncino in polvere e del prezzemolo tritato.
Gustiamola su del pane arabo integrale (esiste?) leggermente scaldato.


CONSIGLI
Mettiamo i Ceci in un recipiente capiente immersi in abbondante acqua, ricordando che durante l'ammollo i Ceci come minimo triplicano il loro volume (esagerato?). Se è estate e fa caldo mettiamo l'ammollo in frigo in modo da evitare il formarsi di strane cose nell'acqua. Ogni 8 ore circa sciacquare abbondantemente i ceci e rimetterli in ammollo. Questo perchè i semi/legumi in generale perdono con l'ammollo i loro enzimoi inibitori antigermoglianti che, anche se in minima quantità, sono sostanze che non ci fanno bene.

Fate sapere come è venuta ed eventuali modifiche gradite di menù. 


Dopo un anno da Vegano al 90% di crudo

Amici,

sono in confusione.

Il cambio di alimentazione è il meno, a quello dopo un pò ci si fa l'abitudine. Un accordo con il fruttivendolo sotto casa ti consente pure di non spendere troppo. Anche i primi mal di pancia dovuti al cambio di dieta con il tempo spariscono, il corpo si abitua alla svelta.
Non è questo, il mio problema è la confusione creata da un altro cambiamento. E' più profondo, considera altre sfere.
Quello che cambia veramente è qualcosa di più intimo.
Le parole.
Acquistano nuovi significati o peggio, perdono di valore.

Quello che fino a ieri era "mangiare sano" diventa "cibo da evitare".
Da un giorno all'altro sentirsi in salute diventa "normale" e non è più il "miracolo" del piede destro che al risveglio tocca prima del sinistro il pavimento.
"Mal di testa" smette di essere mal e rimane solo di testa.
Ma "di testa" cosa? Non si sa, qui non si capisce più nulla.

Amicizia, eccone un'altra. Amicizia diventa accettazione, alle volte sopportazione. E ci credo, vorrei vedere te a spignattare tutto il giorno e poi... e poi neache vieni lodata per la fatica ai fornelli. Almeno facessero finta di apprezzare sti crudisti. Ma per fingere si sa, almeno devi assaggiare, ma se assaggiare non lo fai, la cuoca se la prende e ne ha ragione. Ma che colpa ne ho io se i complimenti li faccio, sì che li faccio, ma a chi mi ha preparato quel fantastico piatto di ciliegie?

Non lo so, forse non sono ancora pronto per tutto questo, è davvero dura per me.
Ecologia. Quanto ambientalista mi sentivo a raccogliere un mozzicone di sigaretta da terra per buttarlo nel cestino? Ora farei l'amore con le piante, se solo trovassero il modo di farmi intendere che piace anche a loro. Chissà mai che un salice piangente non diventi per un paio di minuti (preliminari inclusi), un salice con un sorriso lungo dalle radici alle frange frastagliate dei suoi rami.
Anche la stessa parola "Cambiamento" che prima era intesa, almeno per gli uomini, il più delle volte, con: "Oggi voglio cambiare completamente, lo porto a sinistra", acquista una prospettiva smisuratamente magniloquente.

Ma il cambiamento peggiore è nella solitudine. ci ho pensato, cosa vuol dire solitudine? Ha a che fare con l'assenza di qualcuno attorno? O di qualcuno che ti capisca, che la pensi come te, che abbia idee affini alle tue? o forse è qualcosa di più alto? Prima la si sentiva poco, si era sempre nel chiasso della gente, che belle le grigliate nei soleggiati pomeriggi di maggio, dopo tutte queste feste ne bramavi un pò, di solitudine intendo. Ora che nessuno mi invita più alle grigliate, che nessuno viene a bere centrifugati con me, che solitario me ne sto con i miei frutti di bosco, sento che dovrei esserne in balìa.

Eppure, che dire se ora, anche il moscerino, rigorosamente della frutta, mi fa compagnia?