8 agosto 2012

Il Pallone ritrovato

Quando ero piccolo dicevo sempre che da grande avrei voluto fare il calciatore.
Insieme a Zacco.

Un anno, per il mio compleanno, i miei amici mi hanno regalato un pallone. Era strabello, me lo ricordo ancora. Era il modello con i pentagoni di cuoio bianchi più grandi e neri, più piccoli, rigorosamente cuciti a mano. Cuciti a mano in Italia che il boom della cina ancora non c'era in quegli anni. Almeno così mi ha detto mio cugino che ci è stato in cina. Era proprio bello.
Me lo avevano regalato con la scusa di poter giocare finalmente, tutti insieme, con un pallone decente, evitando quel dannato tango che proprio non ci piaceva.

Ricordo che appena l'ho scartato, non che ci volesse molto a capire che dentro a quell'incartamento rotondo a forma di pallone si nascondesse proprio un pallone, non gli ho tirato neanche un calcio. L'ho portato subito in casa. Geloso, l'ho messo sul mio letto, gli ho dato un bacio e sono sceso nuovamente a giocare con gli altri miei amici. Con il tango. 
Quella notte io e lui abbiamo dormito insieme. E così tutte le notti di quella settimana. E forse anche la settimana dopo. Non ricordo bene, ma forse ci ho passato almeno un mesetto intero abbracciato. Io quel pallone lo amavo proprio.

I miei amici mi insultavano perchè non ci volevo giocare insieme a loro con il mio pallone. Era mio. Io e lui giocavamo insieme di notte, sui campi verdi, negli stadi. Si perchè io, già che c'ero, sognavo in grande. Non mi fermavo al campetto sotto casa. Io sognavo di giocarmi la finale del campionato del mondo. E miliardi di persone a gridare il mio nome.

Ma un pallone non è nato per starsene al calduccio in un letto. Un pallone è nato per rotolare nel fango, graffiarsi sull'asfalto, essere preso a calci, poi rincorso e infine accarezzato e baciato nelle azioni più spettacolari.


Se glielo chiedete a Zacco ancora se lo ricorda di quel pallone. Continuava a ripetermi che se lo avesse saputo, col cavolo che me lo avrebbe regalato. Ma se avesse saputo cosa succedeva realmente, me ne avrebbe regalati altri 100. Magari con uno di questi poi avremmo anche potuto giocare insieme.


L'altro giorno è capitato che fossi a pranzo dai miei. Prima di andare via sono passato in box a portare uno scatolone di cianfrusaglie. Per trovare dove appoggiarlo ho dovuto fare spazio. Ravana di qua e sposta di là, in fondo in fondo in un angolino, impolverato indovinate che è spuntato fuori?
Già, proprio quel pallone. Immaginate la sorpresa.

Mi ha parlato.
Ha detto Gonfiami e l'ho gonfiato.
Poi ha detto Rigonfiami che mi sto sgonfiando e io l'ho rigonfiato.
Una decina di volte.
Poi ha voluto andare a fare quello che non ha fatto per tutta la sua vita: farsi prendere a calci. E io che avevo in serbo un destino molto più glorioso per lui.
Gli ho risposto che non c'erano più i bambini, che erano cresciuti tutti. Si è messo a piangere. 
Avrei voluto ci fosse Zacco lì con me. Magari insieme saremmo riusciti a consolarlo.
Un momento straziante.

Allora sono salito nel giardino fuori da casa mia, dove da piccoli passavamo i pomeriggi a giocare, ed ho cominciato a palleggiare. La vista di un pallone ha richiamato subito 3 ragazzetti poco distanti intenti a fissare un cellulare.
Pallone 1- IPhone 0.

Mi hanno chiesto se potevano fare due tiri. Ho visto il mio pallone sorridere e gioire come mai prima d'ora. Neanche quando eravamo io e lui a giocarci la finale mondiale contro il resto del mondo l'ho visto così felice.
In quei miseri due passaggi il mio pallone ha capito quello che non era riuscito a fare in 20 anni. Ha soperto chi fosse veramente e quale fosse il suo destino.
Ma si era fatto tardi e dovevo andare.
Così l'ho ripreso in mano.
L'ho guardato. Mi ha guardato.
Avevo finalmente capito.
Ho squadrato il più grande dei tre ragazzetti e gli ho detto. Il pallone è tuo, te lo regalo. Ma giocateci tutti e tre.


Con le persone succede lo stesso.
Nascondi una persona con la gelosia, la trattieni a te e le togli la libertà più grande: scoprire chi è veramente.
Si dice Io lo faccio perchè ti amo moltissimo , ma forse sarebbe meglio dire Io lo faccio perchè approfitto di te moltissimo.
Le persone non si può tenersele strette. Bisogna lasciarle andare.


Amate davvero quelle persone? Allora lasciate che il vostro amore sospinga i vostri diletti nel mondo e nella totale esperienza di chi essi sono.
In questo avrete davvero dimostrato amore.



Il bambino più grande mi ha guardato ancora una volta con gli occhi entusiasti. Ha stretto a sè il pallone con un sorriso che neanche berlusconi quando vede una minorenne. Gli altri due che gli gridavano PASSA PASSA e lui che se lo stringeva sempre più forte e diceva Il pallone è mio, lo ha dato a me, giochiamo quando lo dico io

La storia si ripeteva.



Non l'ho mai detto a nessuno, ma io e il mio pallone, quella finale mondiale contro il resto del mondo, l'abbiamo vinta.
1000 volte almeno!!!




7 agosto 2012

Una barboncina ambigua

C'era questo cane no, un bel pastore, tipo Rex quello della serie televisiva che cattura ogni tipo di bandito. Quello che sale solo se la macchina è un Alfa. Un Pastore Tedesco insomma, e la serie televisiva è girata in Austria. Mamma mia che paciuggo!!!
Ecco quello di ieri sera sotto casa mia era la versione Don Giovanni di Rex, si perchè questo pensava a tutt'altro.

L'ho visto in lontananza. Sembrava avesse fiutato una pista da seguire. Poi seguo la traettoria con lo sguardo e vedo l'oggetto della sua punta: Una barboncina da perderci la testa, da far ammattire la metà dei cani lupi della brianza. Ha cominciato a tirare con la forza di 100 buoi. Il suo padrone, che era un tipo robusto pure lui, si è dovuto arrendere.
Di solito i cani assomigliano ai padroni. Anzi, quasi sempre. Se dovessi prendere un cane prenderei un boxer. Infatti non vado matto per gli slip.

Fatto sta che alla fine ha vinto il cane.

Tira che tira, si sono ritrovati tutti quanti di fronte alla parafarmacia, quella che ha il distributore automatico di profilattici. La barbocina aveva già capito l'aria che tirava e si voleva premunire.
Ma no, non vi preoccupate, è buono, non morde, diceva il padrone del pastore.
Ma io mica ho paura che mi morda, ho paura che mi sventri la cagnetta, deve aver pensato una delle due ragazze a spasso con la barboncina.

Gli umani diventano stupidi quando vedono i loro cani in preda a istinti primordiali. Il padrone del pastore che tirava come un matto sto cane impazzito. Le altre due ragazze che guardavano impietrite le avance del pastone alla barboncina senza proferir parola, come per dire, vediamo se almeno lei becca stasera.

La barboncina forse sa come va il mondo. Si butta per terra in modo da non dare punti di riferimento al pastore, ogni tanto si alza, gliela fa annusare un pò, poi si sdraia nuovamente per evitare improvvisate da dietro. Insomma la scena procede così per almeno una mezz'oretta. Gli umani intanto non sanno più che dirsi, ma sempre lì dovevano rimanere perchè il pastore non ne voleva sapere di andarsene.

Avevo già capito come sarebbe andata a finire tutta la storia: Sto pastore infervorato che, costretto all'astinenza forzata, avrebbe ululato tutta notte alla luna il suo amore per la cagnetta, la barboncina a ridersela sotto i baffi salvo poi ripromettersi che la volta successiva avrebbe ceduto alla corte del pastore, il padrone del cane a mettersi del ghiaccio al braccio per il troppo uso, ma non per colpa del cane, e le due signorine della barboncina a ridere di gusto per la figura da poveraccio fatta fare al pastore e al padrone. Ahhh i maschi!!!

Magari ci vediamo domani sera, disse il padrone del pastore.
Ok buonanotte, in coro risposero le ragazze.

Andiamo Otto, Otto? come si fa a chiamare un Pastore Tedesco Otto? devi essere proprio bastardo.
Andiamo Cesare. Cesare? Una barboncina di nome Cesar mmm ma aspetta, Cesare non è un nome da cane maschio? Vorrai mica dire che...

4 agosto 2012

Dal mio balcone

Come ha detto mio nipotino di 4 anni quando è venuto la prima volta a casa mia:
Zio, dal tuo balcone si vede il mondooo!!!

Godo sicuramente di un punto di vista privilegiato. Ho studiato un pò di fisica e a dirla nei suoi termini, dal terzo piano affacciato al cimitero mi sento uno di quegli osservatori solidali con il moto dell'universo. In sostanza un punto fisso.

Osservo quello che succede sotto di me, ma sono abbastanza distante affinchè l'osservazione degli eventi non sia turbata dagli eventi stessi.

Un concetto astratto ma credo che tuttavia lo riesca a capire anche chi non ha mai studiato fisica.


Questa mattina mi sono alzato presto, un pò perchè ho l'orario biologico delle giornate lavorative infrasettimanali dove la sveglia chiama prima delle 7 e un pò perchè avevo tanta roba da stirare e conviene farlo al fresco del mattino.

Quindi mi sono sistemato tutta l'attrezzatura sul balcone, asse da stiro, ferro, cassapanca per appoggiare gli indumenti da stirare e acqua, rigorosamente distillata, da mettere dentro al ferro. Diffidate gente da quei furbacchioni di venditori che vi dicono che nel loro si può mettere tranquillamente l'acqua del rubinetto. Sarebbe un pò come bere della limonata per risolvere i problemi di stitichezza.

Ero ancora all'inizio del lavoro, forse alla seconda maglietta, quando la mia attenzione viene catturata da un signore in bici che se ne va fischiettando allegramente. Lo seguo con la coda dell'occhio fino a che non svolta e sparisce dalla mia vista.
Neanche il tempo di stirare un'altra maglietta e vedo lo stesso signore chino su di una tomba.

Già, perchè dal mio balcone si vede il cimitero. Vedo alla mattina tutto il via vai della gente che se ne va a trovare i loro morti, vedo lo sciame di persone tristi che va a sappellirli dopo i funerali, sento la sirena delle cinque e venticinque che avverte la gente dell'imminente chiusura, ed alla sera, quando tutti ormai sono a casa pronti ad andare a letto, sento gli scavatori che smuovono il terreno per far posto, l'indomani, ad un altro corpo.

Insomma, ve lo dicevo, godo di un punto di osservazione privilegiato.

Sono alla terza maglietta e vedo questo signore chino sulla tomba. La pulisce con un panno e riempie il vaso dei fiori con dell'acqua fresca. Non so se li avesse comprati appena fuori dall'ingresso del cimitero perchè non li aveva quando è arrivato fischiettando in bicicletta. Forse erano stati appena messi da altri parenti oppure erano quei fiori di plastica, belli eh, belli, ma che durano più di noi. A me ste robe fanno girare i maroni. Che durano più di noi, intendo. Dalla cura che quel signore ci mette nel fare queste cose mi viene da pensare a quanto ci tenga che tutto sia perfetto, tutto in ordine. Forse è sua moglie e magari oggi è il loro anniversario.

Alle volte mi piace inventare queste storie.
Alle volte poi ci indovino pure.

Succede insomma che io continuo a stirare altre 3 magliette e 5 camicie. Un'oretta in tutto. Ogni tanto allungavo l'occhio per vedere il signore della bici che cosa facesse, tanto che una volta mi sono pure distratto troppo, mentre lui guardava in alto il cielo e sembrava piangesse, e mi sono pure scottato un dito con il ferro rovente. Ora ho un cerotto sul dito e brucia un sacco.

Alla terza camicia sento ancora un fischiettare che mi mette allegria. E' sempre lo stesso signore che spensieratamente, così come era venuto, pedalando senza fretta, ora se ne va via.

Il dito mi fa ancora male. Ora però, quando sento delle fitte per la bruciatura, fischietto un pò allegramente quel motivetto che mi è rimasto in testa.
Il dito continua a farmi male lo stesso, ma prima o poi so che guarirà!!!




3 agosto 2012

Stamattina al Bar

Stamattina mi è successo una fatto strano e volevo farvi partecipe.

E' tradizione il lunedì e il venerdì andare a fare colazione al bar che c'è nella piazza dove si erge il BB, Blu Building per i non addetti ai lavori, con alcuni colleghi. Lunedì e Venerdì sono chiaramente i giorni della settimana più critici anche se prevedono stati d'animo agli antipodi. Serve comunque darsi un aiuto, in entrambi i casi, con Santa caffeina e San cornetto.

I miei due colleghi ordinano 2 caffè e relativi cornetti mentre io vado per il più sostanzioso cappuccio.
Il caffè arriva prima e loro cominciano a prendere posto al tavolo.

C’era questa ragazza al bancone di fianco a me, stesa che sembrava uno straccio. Occhiaie, tazza di caffé vuota, braccia tatuate in malo modo quando ancora i tribali facevano scalpore. In attesa del mio cappuccino allungo l'orecchio mentre dice al barista che non ce la fa più, che ieri sera ha fatto nottata per stare dietro ad un tipo che non la considera e che oggi vuole morire.

Nota che la sto guardando e così mi scappa un, Dai fatti forza che oggi è lunedì e c'è ancora tutta la settimana davanti, devi rimetterti subito in carreggiata , o qualcosa del genere. La carreggiata non ricordo di avergliela detta ma narrativamente parlando fa scena e quindi lasciatemela scrivere =).

Lei si ferma un attimo a pensare, tace per qualche secondo, si guarda in giro e poi mi fissa con aria un pò stralunata.
Ma oggi è venerdì , dice, Non lunedì , aggiunge in un impeto di gioia.
Vedi, allora c’è qualche speranza , le rispondo.

Non sembra capire subito, poi aggiunge che quei 5 secondi di panico che ha vissuto nella convinzione del lunedì le hanno dato una scarica di adrenalina tale che adesso tornerà a lavoro con il solo scopo di finire la giornata e godersi il weekend, e fanculo al tipo che non la vuole.
Le sorrido e le dico che sono lieto di averla aiutata. Ricambia e mi offre il cappuccio, uscendo poi dal bar.

Vedete, alle volte facciamo del bene anche senza volerlo, perché io stamattina ero davvero convinto che fosse lunedì.