22 agosto 2016

Grandi Artisti crescono

A qualcuno è mai capitato di vedere mostre di grandi artisti, di quelle belle esibizioni in stile pomposo, veri e propri capolavori d'arte?
Amiamo e lodiamo l'acculturato di turno e anche se per invidia un pò ne critichiamo le opere, in fondo lo si fa perchè ne siamo affascinati. Poco ci importa se la condotta di vita del personaggio in questione sia stata deprecabile, insulsa e fatta di stenti, perchè in fondo a noi interessa il risultato o quello che ne vogliamo vedere.
A pensarci bene, viene da chiedersi invece come si debba essere sentito lui durante la propria vita, al pari del valore che ne attribuiamo noi ora oppure se fosse schiacciato dai suoi stessi vizi e pensieri di decadenza, quali bellezze avremmo perso se avesse smesso di fare, se si fosse abbandonato alla depressione e alla miseria.
In quale modo ci sia riuscito è a noi oscuro, mi piace pensare che forse, contorniato dalla bellezza delle proprie opere, sia stato da loro stesse ogni volta rigenerato.
E ora tutti ad ammirarle nella pinacoteca più importante nella città più importante del paese.

Ebbene forse c'è da imparare qualcosa da questo grande artista che non ha nome, forse potremmo cominciare a imbastire da noi stessi il nostro museo, la galleria delle nostre opere d'arte, non tanto per metterle in bella mostra al pubblico estasiato e vantarci di quanto fatto, quanto più per noi stessi in modo tale che, se dovesse arrivare quell'ondata di sconforto, di malinconia e dubbio sul nostro reale valore, basterebbe fare due passi entro questo nostro museo e ricordarci di quali meravigliose opere d'arte siamo
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16 luglio 2016

Cindy & Fred #1

Cindy: Sai guidare?
Fred: Certo
C. E chi te l'ha insegnato?
F: Mio padre. Ho imparato da lui. Ho visto come guidava e l'ho imitato
C. Bravo
F: Tu sai guidare?
C. No
F: Come mai?
C: Nessuno mi ha mai mostrato come si facesse
F: Se vuoi te lo posso insegnare io
C. Ti andrebbe?
F: Bhe, te l'ho proposto, non lo avrei fatto se non ne avessi avuto voglia
C. Magari lo hai detto solo per gentilezza
F: Certo, anche per quella.
C. Chi te l'ha insegnata?
F: Cosa, la gentilezza?
C. Si
F: Mia madre
C. Beato te, hai avuto una bella famiglia allora
F: Da cosa lo hai dedotto?
C. Bhe ti hanno insegnato tante cose belle
F: Si, bhe sai non siamo poi tanto diversi io e te
C. Si che lo siamo, a te hanno insegnato più cose mentre io
F: Mentre tu cosa?
C. Mentre io non ho imparato nulla
F: Sei ignorante insomma
C. Forse si
F: Forse no
C. Perchè lo dici?
F: Perchè dico quel che vedo
C. Chi ti ha insegnato a dire la verità?
F: Mio fratello, lui la diceva sempre, anche quando mangiava la marmellata di nascosto, la mangiava e poi lo diceva alla mamma
C. Tanto lei non gli faceva nulla, era gentile
F: Già
C: E tuo padre era fuori a guidare
F: Impari in fretta
C. Comunque sia sono ignorante e questo è un dato di fatto
F: Tutte le cose che ho imparato nella vita non valgono una tua carezza
C. E' solo il tocco di una mano
F: Darei tutte le mie conoscenze per amare come fai tu
C: Nessuno della tua famiglia te lo ha mai insegnato?
F: No
C. Perchè?
F: Credo che la gente abbia paura ad insegnare l'amore
C. Dici?
F: E' più facile insegnare a guidare
C. Si può insegnare a guidare con amore
F: L'amore rende deboli
C: Allora sono debole
F: Tu non sei debole
C: Allora non so amare
F: Tu sei l'amore in persona
C: L'amore è il ramo flessibile di un albero che si piega alla tempesta
F: Insegnami a piegarmi alla tempesta
C: Non ho mai imparato nulla, quindi non saprei neanche insegnare nulla
F: Forse allora non è una cosa che si insegna
C: Se non è una cosa che si insegna, allora per definizione neanche si impara
F: Se non si impara, come fai ad averlo dentro di te?
C: Se guardi bene dentro di te forse lo troverai anche lì
F: Se lo trovassi dentro di me sarebbe solo per una ragione
C. Quale?
F: Esseri d'amore si nasce

7 ottobre 2014

La stagione del caco

"Mangi un pò di tutto e vedrà che starà bene."

Alzi la mano chi non si è mai sentito dire dal medico questa frase.
Una variante potrebbe essere: "Mangi sano e vedrà che le passerà il mal di pancia."
Mi pare più qualcosa del tipo: "Quando non sai chi colpire, spara nel mucchio, qualcuno lo prendi."


Che un medico dia dei consigli alimentari mi potrebbe sembrare strano, lui che nella sua formazione professionale non ha mai fatto mezz'ora di lezione di cultura dell'alimentazione. Sarebbe come se un prete dispensasse consigli su come dare piacere fisico ad una donna. Non che non ce ne siano in giro ma, quanti? uno su mille? e gli altri 999 come possono saperlo? e ci si può davvero fidare? Bisognerebbe poi chiedere conferma alle donne, almeno quelle che hanno testato, ma l'inchiesta diverrebbe estremamente lunga e dispersiva, soprattutto nella ricerca di quelle che hanno testato.

Rimanere sul vago poi quando un ammalato ha bisogno del tuo aiuto è da delinquenti. Non gli si può dire di "mangiare sano". Cosa significa? Esiste una qualche definizione condivisa? Sarebbe meglio almeno fargli un elenco di quello che si intende con la dicitura di "cibo sano": E' sano questo cibo e questo e quest'altro e non lo è quello e quell'altro. Questa sarebbe una cosa responsabile da fare da parte di un medico. Giusta non è dato saperlo, ma almeno è responsabile. Ma anche lì ci sarebbe chi protesterebbe: Che cosa è davvero sano e che cosa non lo è? Quello che è sano per uno può esserlo anche per l'altro? è una cosa fissa e inappellabile?

Io non ho queste risposte, so solo che come tutti si dichiarano allenatori durante i mondiali di calcio, così tutti sanno cosa voglia dire mangiare sano e ognuno ha la sua specifica definizione.
C'è chi mangia un pò di tutto, chi predilige la carne, chi il pesce, chi i formaggio, chi la verdura e chi la frutta. Ognuno secondo il suo personalissimo modo di pensare, ognuno convinto di rientrare entro le mura di questa indefinita definizione. E in fondo va bene così. Ognuno sa cosa sia meglio per lui.

Ecco quindi che quando il medico dice: "Mangi sano e starà meglio" ha detto tutto e non ha detto nulla.
"Posso quindi mangiare la nutella dottore?"
"Emh, si ma non più di una volta a settimana"
"Bene, perchè ho giusto il vasetto da mezzo chilo ancora integro che finirò entro sera perchè oggi è proprio il giorno della settimana dedicato alla nutella, e a me non va di lasciare le cose a metà, La ringrazio".

Va da sè che non è possibile definire univocamente cosa sia il "mangiar sano".
E allora come potrebbe fare un medico ad aiutare il suo paziente in maniera definitiva, univoca e consigliare la giusta alimentazione?

Esatto, ormai avrete capito tutti. La vera domanda a cui ognuno deve rispondersi non è più "Sto mangiando sano?" ma è:

"Sto cacando sano?"

Avete mal di pancia 3 volte a settimana? Siete sempre con la pancia gonfia malgrado il litro di Actimel che bevete a colazione? andate in bagno solo i giorni dispari a partire dalla seconda metà del mese? Vi brucia il culo ad ogni defecazione? cacate poltiglia? Ogni volta che siete in seduta rischiate un ictus da quanto spingete forte?

Se la risposta è Sì ad almeno una di queste domande allora il vostro concetto di "alimentazione sana" va un pò rivisto.

Non fate gli stupidi, qualche volta gli stronzi vanno almeno ascoltati.

2 luglio 2014

The Passion Fruit

Lasciarsi guidare dalle passioni è un bene oppure è un male?
Questo corpo, il nostro, una macchina perfetta, come la vedete se fosse comandata da una forza veemente, impetuosa, febbricitante che inibisce i pensieri e ci rende passeggeri, stranieri in terra nostra.
Mi sono immaginato in due distinte situazioni. La prima, appunto, in balia di questa "agitazione", l'altra invece attento, alle circostanze, alle emozioni, ai segni.

Buona Lettura!!!




Esco dall'uffico ed è lì davanti che mi aspetta, la macchina bianca, il taxi. La comodità di lasciarsi andare, liberare la mente, fare quello che si vuole mentre qualcuno pensa a portarti in giro. "Per favore mi accompagni a casa". Il conducente avvia il motore mentre mi accomodo dietro, vedo a malapena la strada, ma a che serve? Indosso gli auricolari e mi rilasso mentre la tassista imposta la via sul navigatore, non è poi così lontana. Il mio ipod shuffle si scarica sul più bello, Sergio Cammariere ha smesso di cantare. Così mi accorgo, "Dove mi sta portando, la strada non è la solita", "La sto accompagnando a casa signore, ma prima ho pensato che le andasse di sgranchirsi le gambe con una partita a calcetto", "Oh che bell'idea, sì certo la partita a calcetto, mi piace molto, ho sempre voluto fare il calciatore da piccolo, lo sà?". Una, due, tre ore, chissà quanto tempo sarà passato ma che importa, c'è luce e il taxi mi ha aspettato così salgo e senza dire una parola la macchina si avvia, io riposo gli occhi solo per un momento ma, una svolta inaspettata mi carica di adrenalina, dal campo a casa mia è tutta dritta la strada, dove mi starà conducendo questa volta? Anticipa la mia domanda, "Ho pensato che le andrebbe di fare un salto in libreria e magari entrare nella saletta riservata agli scrittori per buttare giù qualche appunto", "Oh ma sicuro, fantastico, la scrittura sì, ho sempre desiderato fare lo scrittore, sa che Lei comincia a piacermi?". Corre la lancetta mentre sono rintanato tra quattro mura, vola la mente chissà dove e la mano, a camminare sul foglio, sembra tenere il passo. Non mi capacito del tempo che mangia la strada, esco e sta rabbuiando ma non sono preoccupato per il ritardo, del resto sto facendo quello che più mi piace. Il taxi è proprio dove mi aveva lasciato così apro la portiera, mi sistemo e chiudo gli occhi mentre la frizione ingrana le marce. "Signore, siamo arrivati". Senza aver riposato riapro gli occhi e stupito mi domando come facesse a saperlo, quella signora che guida un taxi bianco mi conosce meglio di chiunque altro. "Un tapis roulant". Ora posso correre e sciogliere un corpo annodato da posizioni sbagliate, spalle contratte da carichi sopra le mie forze, inganno le sofferenze di una mente confusa, mi basta correre e il resto perde di significato. Finisco che è buio pesto, stremato entro nel taxi che finalmente arriva a casa, la mia casa, la casa che ho trascurato. Il viaggio mi è costato uno sproposito e mi ritrovo senza forze. Vado a letto e crollo.

Crollo e sogno...

Sogno che esco da lavoro. La tassista mi chiama, ampi cenni con la mano. La scanso. Non guiderà Lei questa volta. Cammino, verso casa. Balconi pieni di fiori colorati, gelsomini inebrianti saturano l'aria con il loro profumo, gatti fanno le fusa, ragazzi giocano a pallone. Mi fermo e insegno loro la finta che mi ha reso celebre sui campi di calcio della lombardia. L'albero con una mela appesa, la colgo, la mangio. Il pittore immortala il paesaggio, il fotografo immortala il pittore che immortala il paesaggio. Due piccioni si contendono briciole di pane. La ragazza a braccetto di una signora, forse la madre, mentre la accompagna a fare la spesa. Il ragazzo con la figlia in braccio che lacrima per il ginocchio sbucciato, la rassicura che andrà tutto bene. Mi siedo su di una panchina. Leggo. Scrivo due appunti, una frase ad effetto che mi servirà domani nell'incontro con il cliente. Avrà successo. Sta facendo buio ma non mi preoccupo, la camminata dona energia. Dal negozio all'angolo sento una canzone. Sergio Cammariere è tornato a cantare. Aspetto l'epilogo della cantata prima di riprendere il cammino. Comincia a piovere e sono senza ombrello, nessun venditore ambulante in zona. Dovrei ripararmi ma le gambe mi guidano in mezzo allo scroscio d'acqua, che ora scende sferzante dal cielo annerito da nuvoloni carichi di elettricità. Un'ombrello si apre sopra la mia testa.
"Ti pare il caso di andartene in giro nel bel mezzo di un nubifragio senza neanche coprirti la testa?"
"Chi ti ha detto che abbia bisogno di ripararmi?"
"Lo dico io che ti ho visto e sono venuta a coprirti"
"Allora dico grazie alla pioggia che mi ha bagnato, perchè ti ha condotto qui da me"
"Non la pioggia ma la mia generosità"
"La tua generosità o la pioggia ora non ha importanza, ci siamo trovati, solo questo conta"
"Ora conta che io ho un ombrello grande e tu neanche uno"
"Tu mi stai riparando, ci stiamo riparando, si incontrano sempre le persone che dobbiamo incontrare"
"Si incontrano sempre le persone che vogliamo incontrare"
"Quindi volevi incontrarmi?"
"Quindi volevamo incontrarci" 
"E' la prima volta che mi sento al sicuro in mezzo alla strada nel pieno di un nubifragio"
"Perchè ti senti al sicuro?"
"Mi stai riparando con il tuo buffo ombrello rosso a forma di cuore e questo mi basta"
"Fammi capire, sto girando nuda mentre diluvia e tu ti sei accorto solamente del mio ombrello rosso a forma di cuore?"
"Ognuno si accorge solo di quello che lo salva dalla pioggia".

14 giugno 2014

Una vita da lettore

Mi sono spogliato delle vesti.
Messo il costume, andai a irragiare la mia carne con il sole mattutino.
Portai il libro con me, e un quaderno, deciso a trascriverci ogni frase che mi avesse colpito.





“…e il pensiero tacque, tace sempre quando la volontà è ferma.”
 
“José Anaiço seduto sulla soglia della porta, Joaquim Sassa su una sedia perché è l’ospite, e dato che José Anaiço ha le spalle rivolte alla cucina, da dove viene la luce, ancora non nè conosciamo i lineamenti, sembra che quest’uomo si nasconda, invece non è vero, quante volte ci è successo di mostrarci come siamo senza che ne valesse la pena dato che non c’era nessuno a vederci.”
 
“Joaquim Sassa… come uno di quei viaggiatori che non hanno debiti nè paura, come se fosse uscito presto per godersi il fresco del mattino e mettere a profitto la giornata, i turisti mattinieri sono così, in fondo problematici e agitati, soffrono per l’irrimediabile brevità della vita, coricarsi tardi e alzarsi presto salute non ne dà, ma allunga l’esistenza”
 
“…se un giorno avrai un figlio, morirà perché tu sei nato, da questo delitto nessuno ti assolverà, le mani che fanno e tessono sono le stesse che disfano, la certezza crea l’errore, l’errore produce certezza. Magra consolazione. Non esiste consolazione, mio triste amico, l’uomo è un animale inconsolabile.”
 
Commisi un errore.
Con Josè Saramago non si possono fare questi ragionamenti, a meno che tu non voglia riscrivere interamente i suoi libri.
 
 
 
 

5 maggio 2014

Le Possibilità

Secondo il mio personale e modestissimo modo di vedere le cose, esistono 3 diverse tipologie di pensiero:

1. PENSIERO NEGATIVO: suona come "Sono nella merda fino al collo e mi è pure passato il raffreddore"
2. PENSIERO POSITIVO: qualcosa del tipo "Sono nella merda fino al collo ma dal letame nascono i fiori più belli e gli alberi più fruttosi"
3. e poi c'è la terza possibilità che ho definito PENSIERO: La frase che meglio lo definisce è più o meno di questo tipo "Mi sono accorto di essere nella merda fino al collo e non mi sta bene, come posso cambiare le cose?"

Ecco che se ci si affida a quest'ultima prospettiva si ha subito la sensazione che nulla sarà impossibile perchè l'unico limite sarà fino a che punto vorrai cambiare le cose.


20 aprile 2014

Le piccole memorie

Qualche domenica, al pomeriggio, le donne scendevano alla Baixa per guardare le vetrine. Generalmente andavano a piedi, qualche volta può darsi che prendessero il tram, la qual cosa era il peggio che mi potesse capitare a quell'età, perché non ci voleva molto che mi venisse la nausea con l'odore che c'era lì dentro, un'atmosfera surriscaldata, quasi fetida, che mi rivoltava lo stomaco e nel giro di pochi minuti mi faceva vomitare. Sotto questo aspetto sono sempre stato un bambino delicato. Con il passare del tempo questa intolleranza olfattiva (non so come altro potrei chiamarla) è andata diminuendo, ma è più che sicuro che, per anni, mi basta montare su un tram per sentire la testa che mi girava. Quale che fosse il motivo, compassione verso di me o voglia di sgranchirsi le gambe, quella domenica scendemmo a piedi da Rua Fernâo Lopes, mia madre, Conceiçao, credo pure Emília, e io, per l'Avenida Fontes Pereira de Melo, poi per l'Avenida de Liberdade, e infine salimmo allo Chiado, dov'erano in mostra i tesori più preziosi di Alí Babà. Delle vetrine non mi ricordo, ne del resto sono qui per parlarne, argomenti ben più seri mi occupano in questo momento.  Accanto a una delle porte dei magazzini Grandella c'era un uomo che vendeva palloncini e così, o per il fatto che lo avevo chiesto (della qual cosa dubito assai, perché solo chi si aspetta che gli sia dato si arrischia a chiedere) o perché mia madre aveva voluto, eccezionalmente, farmi una tenerezza pubblica, uno di quei palloncini passò in mano mia. Non mi ricordo se fosse verde o rosso, giallo o azzurro, o semplicemente bianco. Quello che successe dopo avrebbe cancellato per sempre dalla mia memoria il colore che mi sarebbe dovuto rimanere appiccicato agli occhi per sempre, dato che quello era nè più né meno il mio primo palloncino nei sei o sette anni di vita che avevo allora. Camminavano dunque nel Rossio, ormai di ritorno a casa, io pimpante come se portassi nell'aria, legato a una cordicella, il mondo intero, quando all'improvviso udii qualcuno ridere alle mie spalle. Guardai e vidi. Il palloncino si era sgonfiato, io lo stavo trascinando per terra senza accorgermene, era una cosa sudicia, corrugata, informe, e due uomini che camminavano dietro ridevano e indicavano con il dito me, proprio me, in quell'occasione l'essere più ridicolo della specie umana. Non piansi neppure. Lasciai andare la cordicella, mi aggrappai al braccio di mia madre come se fosse un'ancora di salvezza e continuai a camminare. Quella cosa sudicia, corrugata e informe era davvero il mondo.

José Saramago - le piccole memorie