13 agosto 2013

Il nuovo Messia



Mai come in questo momento la razza umana ha necessità di un SuperEroe. Mi sono immaginato l’arrivo del nuovo Messia in linea con i nostri tempi, l’ho pensato giungere a bordo della sua Bentley con strisce di led azzurre sotto la scocca, auto rigorosamente elettrica perché Lui è attento all’ambiente. Le dotazioni di base sono il suo inseparabile SmartPhone ricco di Apps. celestiali, con la versione Olimpo di Wazzup installata per chattare direttamente con il Padre e tutto il parentado, connesso via Bluetooth, Wi-Fi, 3G, UMTS a tutti i dispositivi elettronici terrestri, si perché Lui ha necessità di rimanere in contatto con tutto e tutti per dare il via alla rivoluzione pacifica che ci riapproprierà di ciò che ci apparteneva un tempo: La libertà. Me lo sono immaginato così, senza barba, ormai non più necessaria in questo strano terzo millennio, simbolo non più di saggezza ma di non-curanza e malessere. I capelli d’altro canto saranno corti e curati, per dare continuità alla linea di pulizia adottata con la barba. Una cravatta nera di quelle strette, su camicia bianca, e un vestito, nero anch’esso ma con luccicanti stelline e fronzoli a differenziarsi dalla massa di falsi Messia giunti da ogni parte del paese a reclamare il titolo. Ma cosa è giunto a fare? Si domanderà il lettore ora incuriosito. Di cose da fare, caro mio, ce ne sarebbero quanto le onde. Partirebbe con lo sconfiggere il male. Si potrebbe cominciare così dai politici, andiamo sul sicuro. Il paese ormai è allo scheletro e loro trovano comunque il modo di rosicchiare l’interno lasciando intatta la facciata, lasciando un cimitero di ossa buche. Almeno sono buone con la polentina, dirà il lettore di buona forchetta. Sfortuna vuole che il redattore del presente scritto non mangi carne. Così ne rimarrà più per noi, concluderà il lettore realista. Potremmo passare poi alla categoria dei medici venduti alle multinazionali di BigFarm, quelli che vogliono ad ogni costo mostrare la loro bravura nell’operare, asportare, recidere, suturare. Ma dottore, non era solo un raffreddore? La terza categoria da cui ci salverà saranno gli idraulici, ma solo da quelli che non capiscono un tubo (presa in prestito da una barzelletta raccontatami per telefono da mio nipote di 5 anni). Ho pensato a quali debbano essere le caratteristiche di un SuperEroe moderno. Intelligenza, carisma (inclusa la bellezza) ed eleganza sono dati per scontato in questo terzo millennio. Astuzia, loquacità e leadership sono caratteristiche di cui il nuovo Messia non può farne a meno. Fantasia, creatività e lucidità mentale per spiazzare ogni possibile antagonista. Ma soprattutto, mi sono detto, ci vuole costanza. Qualcosa come 7 miliardi di anime da salvare, resto mancia, non sono proprio un’inezia e l’appagamento, dopo solo qualche milionata, è dietro l’angolo. Non si può mica lasciare tutto il rimanente a quel povero diavolo, e qui è proprio il caso di dirlo, di Belzebù. Che colpa ne ha, in fondo recita anche lui solo una parte. Disponendo quindi di tutte le caratteristiche da ricercare, da stamattina sono qui appollaiato su questa panchina fronte mare in cerca di quegli inconfondibili segnali da decifrare. Ho visto cose che voi umani… Recitava così l’epilogo di un gran bel film e potrei tranquillamente affrontare un sequel di quel capolavoro descrivendo per filo e per segno i casi umani che si sono palesati di fronte ai miei occhi. Non tutta feccia, è bene affermare la verità, ma anche qualche possibile pretendente. Chi aveva l’intelligenza mancava tuttavia di prestanza e fantasia, chi aveva creatività in abbondanza era ormai diventato sordo, per non dire ubriaco fradicio, per via di quel Rave della notte precedente, chi era fornito di carisma mancava di lucidità, troppe ore sotto il sole cocente stordiscono anche un toro. Uno in particolare è andato vicino ad essere eletto Il Messia. Disponeva di tutte le caratteristiche sopraccitate, appurate tramite una durissima selezione e rigorosissimo test a risposta multipla. Per capire se avesse anche l’ultima caratteristica, fondamentale per essere un Leader di proporzioni planetarie, ho posto l’ultimo quesito: Mio caro concorrente, in questo mondo sempre più globalizzato, sempre più rapido nella comunicazione, sempre più dinamico nell’innovazione, tu, a chi ti ispiri? A Lapo Elkan, mi piace il suo stile. Man mano che passa il tempo, una consapevolezza sempre maggiore prende piede dentro di me, forse non siamo ancora alla frutta, forse dobbiamo soffrire ancora un poco prima di raggiungere l’agognata salvezza. Quello che mi resta è l’idea che probabilmente il nuovo Salvatore non sarà di questa generazione.

11 agosto 2013

Gli scrittori hanno successo



Il lettore non si arrabbi se questa prima cronaca la scrivo soltanto per me. Se si risente non continui nella lettura. Potrebbe tuttavia, vinto lo sconforto iniziale di non vedersi dedicata questa prosa, cogliere dei fatti e delle circostanze comuni e sviluppare così maggiore sensibilità nei miei confronti, o nella categoria degli scrittori in generale, così da uscirne incentivato alla lettura delle prossime. Quello che state per leggere è un fatto di cronaca realmente successo e lo dico giusto per ribadire il concetto, dato che un fatto di cronaca, di per se, dovrebbe narrare qualcosa di vero. Uso il condizionale perché conosciamo bene il mestiere dello scrittore, un osservatore il più delle volte imparziale, almeno nelle intenzioni, che tende a narrare solo quello che il suo particolare punto di vista gli consente di vedere e la sua percezione gli suggerisce di cogliere. Ho detto nelle intenzioni perché è insito in ognuno di noi, specialmente negli Italici che nella loquacità sono maestri, virtù sviluppata fin dai tempi degli antichi romani, spingersi un po’ oltre nella narrazione dei fatti. Così il mio rafforzativo sottolinea che, seppur edulcorati in qualche frangente, i fatti narrati da ora in avanti e per tutti gli scritti futuri saranno davvero racconti di cronaca e quindi, per definizione, veritieri. Terminate le doverose precisazioni vengo a raccontare il motivo per cui ho deciso di iniziare a scrivere. Questo pomeriggio mi trovavo sdraiato sugli scogli in riva al mare mentre godevo dei caldi raggi solari e della fresca acqua marina. Il sole in calando scaldava ancora la pelle e la sua forza raggiungeva ogni singola cellula del mio corpo. Bagni di magnetismo e autentico giovamento. Sollazzato da madre natura mi rilassavo con la scrittura di qualche pensiero nato alla vista di quell’infinito. Un tale di nome Josè Saramago, portoghese di nascita ma adottato in ogni paese del mondo o almeno in quei luoghi dove di letteratura se ne intendono, mi fa virtualmente da mentore. La mia ammirazione per lui è quella di un bambino nei confronti del suo supereroe preferito. Quando leggo i suoi scritti, è tale la bellezza che ne esce e che s’impadronisce di chi li legge e s’immedesima nei suoi personaggi che di vanità m’inondo pure io. Così non mi stupisco del fatto che tutti mi osservino mentre, su quello scoglio, scrivo ispirato dal mio maestro. Gli occhi dei bagnanti, tutti puntati su di me, o così mi pareva che fosse. Quale strano sentimento nasca quando si è oggetto di tanta ammirazione ancora mi è oscuro, ma qualunque esso sia è successo che proprio quello mi fece contrarre ogni muscolo del mio corpo in una posa che nemmeno gli antichi maestri scultorei sono riusciti a rappresentare. La spiaggia si è trasformata in un’esibizione di culturismo, anche se la prestanza fisica, ahimè, non è la mia caratteristica più rappresentativa. Inorgoglito da tante attenzioni ogni due o tre frasi di appunti alzavo gli occhi, ora verso il mare, ora lungo la spiaggia, ora perso nel cielo. Fingevo disinteresse ma la terza occhiata mi fece notare due occhi suadenti puntati su di me. Incapace di continuare nella scrittura, e il mio maestro mi perdonerà per questo, mi sono alzato per una breve immersione nell’acqua salmastra. Notai subito che l’attenzione degli altri bagnanti, appena posato il quaderno degli appunti, si orientava su altri lidi, chi alle proprie letture, chi alle formine e castelli di sabbia dei figli, chi a spaparanzarsi al sole o a qualsiasi altra attività che più aggrada il lettore che si è ormai immedesimato in uno di questi bagnanti. Così esterrefatto riprendo in mano il quaderno e la penna e subito tutti quegli occhi che pochi secondi prima mi avevano abbandonato, con la stessa celerità si calamitarono ora su di me. Da qui la mia considerazione che ogni scrittore, anche se poi non tutti lo ammettono, scrive per un solo ed unico motivo. Non servirà intervistarli tutti, uno per uno, in privato, in una stanzetta della loro casa per metterli completamente a loro agio per carpirne il vero motivo. Diranno che lo fanno per una sorta d’illuminazione o per fissare meglio le idee su di un qualche argomento, o solo perché hanno qualcosa da dire e quello è il loro mestiere. Al più diranno che lo fanno per guadagnarsi il pane o ancora solo per loro. Non credetegli, per favore cari lettori, non fatelo. Stando alla frase di apertura di questa prosa non dovrete credere neppure a me. Ebbene non fatelo, ma sono stato sincero, ho narrato quello che ho visto e sentito. Il motivo per cui uno scrittore dà il via alla sua attività è uno solo, si diceva poche righe più sopra, ed è questo: Essere amati. O sentirsi amati, che è poca differenza. Ho provato con il massimo impegno a cercarne altri, ma ancora non ci sono riuscito e forse il motivo è proprio che non ne esiste un altro.