29 dicembre 2012

Non è tutto oro quello che luccica



Quando entrano in caserma gli ultimi due testimoni oculari chiamati a fornire la loro testimonianza su quanto assistito, sono quasi le diciannove e il caso pareva ormai archiviato, se non ufficialmente almeno nella sostanza, perché se ben ventitré persone, quarantacinque occhi in tutto, non trattandosi di un grossolano errore di calcolo o di una svista vera e propria ma di una semplice somma algebrica, nessuno con malformazioni genetiche come il possedere un occhio soltanto nel mezzo della fronte, ma il semplice avere una benda a cura di una forte congiuntivite per uno di quei sopra citati testimoni, se queste persone insomma hanno fornito la medesima ricostruzione dei fatti, si pensa che l’accaduto sia definito senza riserva.

Il maresciallo immagina di non impiegare più di cinque minuti con l’ultima coppia e allora, prima che essi entrano, compone il numero della moglie.

“Cara, tra un quarto d’ora esco dall’ufficio, tira fuori l’abito scuro dall’armadio e riponilo sul letto così sarò pronto in un baleno”.

I due testimoni nel frattempo, riferite le generalità all’appuntato preposto al caso, si accomodano sulle sedie poste davanti la scrivania del maresciallo, avendoli egli stesso invitati con un ampio cenno della mano.

Un colpo di tosse a schiarir la voce.

“Prego raccontatemi a grandi linee, quello che avete visto a proposito dell’incidente di stamattina”.

“Quella macchina pareva impazzita, ha attraversato l’incrocio con il rosso a una velocità folle, per quel pover’uomo non c’è stato scampo.”

Il maresciallo guarda ancora l’orologio per poi alzare lo sguardo verso il suo collaboratore, “Appuntato ha scritto tutto? Si metta agli atti che anche i coniugi Sallo hanno visto l’auto su cui viaggiava l’imputata guidare a forte velocità e investire, uccidendo sul colpo, il povero mendicante che ha come unica colpa l’essersi trovato al posto sbagliato nel momento sbagliato, vi ringrazio per il vostro tempo, ora l’appuntato vi accompagnerà all’uscita”. Cerca di terminare alla svelta l’ultimo rapporto di questa estenuante giornata e poter dedicare la serata alla moglie e alla passione di questa: l’Opera. Lei glielo aveva anticipato la mattina, prima che uscisse per andare a lavorare: “Alla scala non aspettano i ritardatari, non fare come al tuo solito”.

Pensa che a darsi una mossa potrebbe persino mettere qualcosa sotto i denti.

Si sporge in avanti tendendo loro la mano ma i due coniugi stanno seduti composti, senza alcun accenno di commiato, fissando il maresciallo dritto negli occhi.

“Non abbia fretta di andare, Signor Maresciallo, non è tutto oro quello che luccica”.

Un mancamento investe il maresciallo che si abbandona inerme allo schienale della poltrona. Il suo volto pare infastidito come avesse udito le urla isteriche della moglie blaterare qualcosa a proposito del suo solito ritardo. Lo sguardo è invece catturato dalla telecamera di sorveglianza posta appena fuori il suo ufficio, si ricorda così di tutte quelle volte in cui lui e i suoi sottoposti hanno sbobinato intere videocassette per cercare di cogliere, a volte con scarsi risultati, anche un solo piccolo e insignificante particolare che li aiutasse a mettere insieme i pezzi per completare il puzzle. Prende così un bel respiro, si arma della dovuta pazienza e li prega di continuare nel racconto della storia cercando tuttavia di non dilungarsi troppo in futili particolari. Pensa in fondo che il panino del bar del teatro che mangerà di lì a breve non è poi così male. Si sa tuttavia che il mestiere del portinaio vive soprattutto per gli argomenti frivoli, e se per questi militari il tempo è molto importante, come abbiamo appena visto, che alcuni casi vengono risolti e così i colpevoli acciuffati solo pochi minuti prima che il loro aereo con destinazione ignota li porti al riparo del giudizio maestro, per i 2 uccellini cinguettanti seduti davanti al maresciallo paiono invece il pasto di una giornata.

Con la pazienza di una nonna che racconta una storia sperando che la calma riposta in ogni parola riesca ad ammansire anche il più scatenato dei nipotini, allo stesso modo la moglie del portinaio inizia a raccontare i dettagli di quell’ormai noto incidente, sortendo invece nel maresciallo lo stesso sentimento del nipotino irrequieto che scalcia la nonna da sotto le coperte perché non vuole dormire. La divisa militare tuttavia vieta di scalciare i testimoni oculari di un incidente stradale e così il maresciallo si mette in ascolto.

“Il Gianni abita nel palazzo dove noi lavoriamo come portinai”, dice la donna mentre indica il marito seduto al suo fianco.

“O meglio, ci abitava fino a stamattina quando è avvenuto il penoso investimento, si dice così?”, pronuncia lui rivolto alla moglie.

“Investimento sì, penso sia corretto caro”.

“Per favore, uno alla volta e guardate me quando parlate, altrimenti non ci capiamo per nulla, appuntato, scriva tutto mi raccomando”.

I due testimoni si guardano ancora una volta, senza parlarsi decidono che sia l’uomo ad aprire le danze, del resto da che mondo è mondo, è questo il ruolo che compete al sesso forte.

“Il Gianni lavorava come venditore per un’importante azienda nel comparto alimentare, era furbo e astuto, una volpe nel suo settore, sarebbe riuscito, come si suol dire per quelli bravi in questo campo, a vendere del ghiaccio perfino agli eschimesi. Poi però perse il lavoro perché l’azienda per cui lavorava andò in malora come accadeva spesso anche con le scatole di fagioli che vendeva e che ogni tanto finivano anche nella nostra dispensa. In breve tempo restò senza il becco di un quattrino. S’inventò quindi la professione del mendicante, pensi che si era fatto togliere un incisivo per apparire più buffo e per suscitare ancora più tenerezza nelle persone e rimediare magari qualche spicciolo in più. Lui sorrideva sempre, sorrideva a tutti e mostrava quella finestrella aperta nella sua bocca, il suo buon umore era contagioso come uno sbadiglio, a guardarlo ti veniva da sorridere. Nonostante tutto, sorrideva e salutava chiunque, chi gli dava soldi o solo qualcosa da mangiare, sorrideva anche a chi non aveva niente da donare, salutava chiunque, ricchi o poveri, cattolici o mussulmani, ragazzini o anziani”.

“Abbiamo inteso, prego continui, anche se non capisco cosa centri tutto questo con l’incidente”.

“Centra eccome Signor Maresciallo, centra eccome.” Dice la moglie a manforte del marito che continua come se niente fosse.

“Era garbato nei modi, conosco gente che se la mattina si alzava con la luna di traverso, allungava la strada per passare da quell’incrocio e raddrizzarla con il sorriso sdentato del Gianni”.

Il portinaio racconta nel dettaglio di come la gente abbia cominciato a riempirgli le tasche di elemosina, perché Il Gianni è diverso dai soliti mendicanti, perché se con tutti gli altri si è costretti ad abbassare lo sguardo ogni qual volta qualcuno di questi si avvicina alla macchina a chiedere due lire, che a non vedere la sofferenza ci si sente meno in colpa per la mancata carità, ben altra cosa sarebbe se fossero tutti come lui, perché non c’è sofferenza nel suo sguardo, perché lui ti sorride e ti mette a tuo agio, non intacca i sensi di colpa, non chiede nulla, sta lì e saluta, sorride e aspetta, tutto qui.

“Ah se fossero tutti come il Gianni”, e qui il portinaio conclude con un sorriso amaro.

“Vi ringrazio per la vostra deposizione, signori, farò in modo di infliggere la massima pena possibile a quella donna che ha ucciso una così brava e sfortunata persona, chiedendo qualche favore potrei riuscire a fare avere l’ergastolo a quella sconsiderata che forse lo ha ucciso per derubarlo della tanto meritata, mai come in questo caso, elemosina.”

Se ha capito la natura di quei due portinai, spera con queste parole di saziare la fame tipica delle iene e rabbonirle potendo così levare i tacchi dalla caserma. La lancetta dei minuti parlava chiaro, non c’era tempo nemmeno per una doccia, forse giusto una rinfrescata veloce prima di affogare nel profumo per non dare l’idea di aver avuto una giornata difficile al lavoro. L’immagine della moglie silenziosa non lo rallegrava affatto perché sa che il silenzio di una donna arrabbiata è un’arma ancora più dolorosa.

“Pazienti ancora un poco Signor Maresciallo, adesso arriva il bello”.

Il cuore del maresciallo smette di battere per qualche attimo, non cade dalla poltrona solo perché i braccioli lo bloccano in posizione. Il bambino che tanto ha scalciato la povera nonna ha esaurito tutte le energie e si arrende ora beato tra le sue braccia, attento finalmente alla storia bisbigliata.

“Dopo un primo consistente flusso di soldi elemosinati, la gente ha preso a rispondere al sorriso del Gianni con un sorriso di rimando e niente più, neanche gli spiccioli del resto del caffè del bar. Nemmeno più un ciao come va oggi, che a tirar giù il finestrino entrano i fumi di scarico delle macchine in sosta al semaforo e dopo un epico momento di gloria ora i soldi guadagnati dal suo buon umore non bastano più”. La portinaia ha colto nel segno e l’attenzione del maresciallo lo ridesta dal fissare l’orologio.

“Si sa che i grandi sopportano di più lo stomaco vuoto, ma il figlioletto del Gianni deve pur mettere qualcosa sotto i denti e così costringe la moglie a, come si può dire, a…”

“Signor Maresciallo, quello che mia moglie vuole dirle, ma che per decenza non ne è capace, è di come Il Gianni abbia costretto la moglie ad andare per strada a cercar clienti.”

“A mendicare anche lei?”, chiede incredulo il maresciallo.

“Non proprio Signor Maresciallo, si vede che lei è una persona a modo, Il Gianni, quel villano, l’ha costretta a battere, a prostituirsi”, dice la portinaia questa volta con molta meno decenza dimostrata solo pochi attimi prima.

Il maresciallo dimostra il motivo per cui riceve tredici mensilità dall’arma dei carabinieri e il suo intuito gli fa chiudere il cerchio. Il fatto che la vittima fosse senza documenti aveva reso impossibile il collegamento con la donna alla guida dell’auto assassina. Gli otto rintocchi dell’orologio a cucù lo portano dalla moglie esausta nell’attesa. Si è messa al volante della macchina regalata dal marito per farsi perdonare di uno dei suoi proverbiali ritardi, la immagina passare l’incrocio a folle velocità superando il rosso del semaforo perché in ritardo per lo spettacolo. La sente gridare, ancora una volta, mentre investe quel pover’uomo, questa volta vestito non di stracci ma con la divisa da Maresciallo dei Carabinieri. I suoi occhi, rivissuta la scena del crimine, tornano vivi.

“Appuntato ormai abbiamo capito com’è andata, non faccia nulla per oggi, domani parleremo con la moglie del Gianni, le troveremo un bravo avvocato e con le attenuanti del caso e un po’ di pazzia dovuta alla miseria, vedrete che il tutto finirà a tarallucci e vin santo.”

Saziate le iene, esce dall’ufficio dirigendosi a grandi falcate verso l’ascensore che lo porta al parcheggio nel seminterrato. Sale in macchina e a folle velocità si dirige verso casa.

La strada lo conduce proprio all’incrocio in cui è avvenuto l’omicidio quella mattina. Il piede destro autonomamente si spalma sul pedale del freno. Il Maresciallo accosta la macchina, scende e si dirige verso la zona in cui pensa che sia avvenuto l’omicidio da parte di quella povera donna. Si fa il segno della croce perché non sta a lui giudicare le anime. Si china verso un mazzo di fiori, posato probabilmente nel punto in cui deve essere passato a miglior vita, o a peggiore se esiste davvero una giustizia divina. Prova pena e timore allo stesso tempo. Si ricorda di tutta quella gente che gli voleva bene ma si sorprende del fatto che ci sia un solo mazzo, così scruta tra i fiori sperando di trovar qualche biglietto che ne riabiliti il nome. In fondo è conosciuto ai più come una brava persona che dona allegria e amore. Non si sorprende, tuttavia, quando si accorge che i fiori del gianni sono di plastica.

11 dicembre 2012

Weeping Willow



Se ne sta piangente su quel prato a fissare tutto il tempo l’enorme quercia ergersi a metà del bosco. Un salice di languidi sospiri che cadenzano tragicamente le sue giornate.

Ammira lo svettare di questa imponente creatura e quel venticello che tanto lo irrita smuovendone le frange sembra temere invece quell’essere sontuoso, non osa nemmeno avvicinare l’enorme tronco che pare tutt’uno con il terreno, non spira tra gli immobili rami protesi verso il cielo. Su di lui trovano rifugio specie animali di ogni genere e forse chissà, persino Dio tanto pare alto. Pavoneggiare di chiome felici sopra ogni cosa.

Nessuno trova riparo invece sotto di lui, né uccellini, né gatti, ignorato persino dai topolini. A farle compagnia quell’odioso venticello buono solo a spettinarlo.

“Ah quanto vorrei essere diverso”.

La tristezza dei suoi rami tuttavia lo salva da una tromba d’aria come mai se ne sono viste prima d’ora in quei luoghi. I suoi rami si piegano e seguono lo spirare del vento. Ne esce con qualche ramo appena sfogliato. Ben altra sorte attende invece l’enorme quercia issatasi tanto in alto, così bella all’apparir ma fragile nelle radici. La prima folata le è subito fatale.

Ora gli uccellini hanno un altro rifugio, il venticello amplifica il loro cinguettare che attira una giovane ragazza che corre tantissimo. Lui le ha preparato un’altalena con i suoi rami e un seggiolino in legno consunto e levigato a far da seggiolino e lei finalmente si ferma.

Se ne sta sempre piangente su quel prato ma ora felicemente frastagliato dal vento.