27 settembre 2012

L'inferno di Sesto

Il pomeriggio del Giovedì vale quanto correre una maratona ed essere più o meno al 35-esimo chilometro.

Manca poco alla fine e tu non ce la fai più. Ma lo vedi, il traguardo. Sta la che ti aspetta. Non sai se accelerare e fare gli ultimi chilometri cercando di battere il record oppure tirare i remi in barca, che il più è fatto, correndo serenamente il resto del tragitto. Qualunque cosa tu decida di fare, il caffè della 16.15 serve ad arrivare almeno a fine giornata.

Ti prepari la tua bella monetina. La macchinetta in fondo alla sala la aspetta. La inserisci e questa va a sfracellarsi su di un sensore il cui compito è percepirne il peso, misurarlo, quantificarlo. Non si fida. Si accendono una serie verticale di led rossi allineati su targhette riportanti scritte diverse, ma qualunque tasto tu decida di selezionare, cioccolata forte, cappuccino o caffè macchiato che sia, il risultato che ne deriva ha sempre lo stesso sapore. Ma tu con una pressione del pulsante pigiato pensi di fare una scelta, e allora la selezione viene destinata alla preparazione, l’acqua stantia contenuta in un serbatoio putrido passa attraverso dei sifoni incandescenti, viene sospinta fino all’incontro con il caffè raffinato in polvere grezza e pigiato in una cialda e si mescola con quello che parrebbe essere latte liofilizzato. Aggiungere zucchero a piacimento non serve a nulla perchè la miscela è già dolcissima, ma tu imperterrito selezioni la quantità desiderata per mezzo della scaletta luminescente che disegna piano piano un sorriso denigrante. Il tutto viene riversato in un contenitore di plastica che ti causerà ustioni e potrà essere prelevato non appena un bastoncino trasparente simulante la natura di un cucchiaino verrà gettato all’interno del liquame scuro con punte chiaro opache ai lati.

Ne bevi un sorso. Ti sembra di leccare il petto di un giocatore di basket dopo la finale giocata a mezzogiorno di ferragosto in un torneo durato 24 ore.






Lo getti via.

Butti l'occhio alla fantastica visuale cui gode la saletta caffè.




Pensi a schiantarti di sotto ma ti hanno fregato. I costruttori che hanno ideato questa gabbia di vetro ci hanno pensato a queste cose. Non hanno fatto finestre ma solo vetri infrangibili. Ti romperesti solamente il naso.

Maledici il bar che si permette di terminare la giornata lavorativa alle 16. Decidi di investire il restante tempo della pausa caffè per descrivere nel modo più distante possibile l’orribile esperienza appena vissuta.

Funziona così, quando vuoi superare i traumi.

Nessun commento:

Posta un commento

Libera la mente