Il lettore non si arrabbi se questa prima
cronaca la scrivo soltanto per me. Se si risente non continui nella lettura. Potrebbe
tuttavia, vinto lo sconforto iniziale di non vedersi dedicata questa prosa, cogliere
dei fatti e delle circostanze comuni e sviluppare così maggiore sensibilità nei
miei confronti, o nella categoria degli scrittori in generale, così da uscirne
incentivato alla lettura delle prossime. Quello che state per leggere è un fatto di
cronaca realmente successo e lo dico giusto per ribadire il concetto, dato che un
fatto di cronaca, di per se, dovrebbe narrare qualcosa di vero. Uso il condizionale perché conosciamo bene il
mestiere dello scrittore, un osservatore il più delle volte imparziale, almeno
nelle intenzioni, che tende a narrare solo quello che il suo particolare punto
di vista gli consente di vedere e la sua percezione gli suggerisce di cogliere.
Ho detto nelle intenzioni perché è insito in ognuno di noi, specialmente negli
Italici che nella loquacità sono maestri, virtù sviluppata fin dai tempi degli
antichi romani, spingersi un po’ oltre nella narrazione dei fatti. Così il mio rafforzativo sottolinea che,
seppur edulcorati in qualche frangente, i fatti narrati da ora in avanti e per
tutti gli scritti futuri saranno davvero racconti di cronaca e quindi, per
definizione, veritieri. Terminate le doverose precisazioni vengo a
raccontare il motivo per cui ho deciso di iniziare a scrivere. Questo pomeriggio mi trovavo sdraiato sugli
scogli in riva al mare mentre godevo dei caldi raggi solari e della fresca
acqua marina. Il sole in calando scaldava ancora la pelle e la sua forza raggiungeva
ogni singola cellula del mio corpo. Bagni di magnetismo e autentico giovamento. Sollazzato da madre natura mi rilassavo con la
scrittura di qualche pensiero nato alla vista di quell’infinito. Un tale di
nome Josè Saramago, portoghese di nascita ma adottato in ogni paese del mondo o
almeno in quei luoghi dove di letteratura se ne intendono, mi fa virtualmente
da mentore. La mia ammirazione per lui è quella di un bambino nei confronti del
suo supereroe preferito. Quando leggo i suoi scritti, è tale la
bellezza che ne esce e che s’impadronisce di chi li legge e s’immedesima nei
suoi personaggi che di vanità m’inondo pure io. Così non mi stupisco del fatto
che tutti mi osservino mentre, su quello scoglio, scrivo ispirato dal mio
maestro. Gli occhi dei bagnanti, tutti puntati su di me, o così mi pareva che
fosse. Quale strano sentimento nasca quando si è
oggetto di tanta ammirazione ancora mi è oscuro, ma qualunque esso sia è
successo che proprio quello mi fece contrarre ogni muscolo del mio corpo in una
posa che nemmeno gli antichi maestri scultorei sono riusciti a rappresentare. La
spiaggia si è trasformata in un’esibizione di culturismo, anche se la prestanza
fisica, ahimè, non è la mia caratteristica più rappresentativa. Inorgoglito da tante
attenzioni ogni due o tre frasi di appunti alzavo gli occhi, ora verso il mare,
ora lungo la spiaggia, ora perso nel cielo. Fingevo disinteresse ma la terza
occhiata mi fece notare due occhi suadenti puntati su di me. Incapace di continuare nella scrittura, e il
mio maestro mi perdonerà per questo, mi sono alzato per una breve immersione
nell’acqua salmastra. Notai subito che l’attenzione degli altri bagnanti,
appena posato il quaderno degli appunti, si orientava su altri lidi, chi alle
proprie letture, chi alle formine e castelli di sabbia dei figli, chi a
spaparanzarsi al sole o a qualsiasi altra attività che più aggrada il lettore
che si è ormai immedesimato in uno di questi bagnanti. Così esterrefatto riprendo
in mano il quaderno e la penna e subito tutti quegli occhi che pochi secondi
prima mi avevano abbandonato, con la stessa celerità si calamitarono ora su di
me. Da qui la mia considerazione che ogni
scrittore, anche se poi non tutti lo ammettono, scrive per un solo ed unico
motivo. Non servirà intervistarli tutti, uno per uno, in privato, in una stanzetta
della loro casa per metterli completamente a loro agio per carpirne il vero
motivo. Diranno che lo fanno per una sorta d’illuminazione o per fissare meglio
le idee su di un qualche argomento, o solo perché hanno qualcosa da dire e
quello è il loro mestiere. Al più diranno che lo fanno per guadagnarsi il pane o
ancora solo per loro. Non credetegli, per favore cari lettori, non fatelo. Stando
alla frase di apertura di questa prosa non dovrete credere neppure a me. Ebbene
non fatelo, ma sono stato sincero, ho narrato quello che ho visto e sentito. Il motivo per cui uno scrittore dà il via alla
sua attività è uno solo, si diceva poche righe più sopra, ed è questo: Essere
amati. O sentirsi amati, che è poca differenza. Ho provato con il massimo impegno a cercarne
altri, ma ancora non ci sono riuscito e forse il motivo è proprio che non ne
esiste un altro.
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